ASSUMERE DIPENDENTI O AVVALERSI DI COLLABORATORI?

Uno dei segreti di un business di successo è senza dubbio la selezione dei propri collaboratori.
Il dilemma che però affligge tutti gli imprenditori ed aspiranti tali è questo:
mi conviene di più assumere un dipendente o rivolgermi ad un collaboratore esterno?
Prima di affrontare l’argomento nello specifico però bisogna definire, per chi non ne fosse a conoscenza, uno strumento di valutazione del quale avrete già probabilmente sentito parlare, magari senza comprenderne a fondo il significato. Sto parlando del cuneo fiscale.
Il cuneo fiscale è un indicatore degli effetti della tassazione sul reddito dei lavoratori, l'occupazione e il mercato del lavoro.
Si esprime come percentuale del costo di lavoro ed è definito dall'OCSE come il rapporto tra le tasse pagate da un lavoratore medio e il costo totale del lavoro per il datore di lavoro. Ai fini del calcolo il lavoratore viene presupposto come singolo, senza figli. Il valore medio del cuneo fiscale indica quanto le tasse sul lavoro scoraggino l'impiego.
Nelle scienze economiche esso indica la deviazione dal punto di equilibrio prezzo/quantità come risultato della tassazione che obbliga i consumatori a pagare di più per un bene e i fornitori a ricevere di meno.
In europa un elevato carico fiscale ha creato grandi effetti marginali del cuneo fiscale.
Tali effetti sono valutabili nel costo del lavoro dove la domanda è rappresentata dalla richiesta delle aziende, l'offerta dal lavoro degli occupati e il cuneo fiscale è dato dalla tassazione che lo Stato impone per il rapporto giuridico di lavoro.
Il cuneo fiscale funge da indicatore percentuale del rapporto tra tutte le imposte sul lavoro (dirette, indirette e contributi previdenziali) e il costo del lavoro complessivo.
Può essere determinato sia per i lavoratori dipendenti sia per i lavoratori autonomi o liberi professionisti e le imposte considerate nella sua determinazione sono sia a carico del datore di lavoro (o committente) sia del lavoratore dipendente (o autonomo/libero professionista).
Attenzione però, non deve essere confuso con il costo del lavoro per unità di prodotto. Infatti non è l'incidenza di un elevato cuneo fiscale quella che determina un alto costo del lavoro per unità di prodotto per l'azienda, in quanto i servizi erogati dallo Stato e finanziati con l'imposizione fiscale, possono essere anche più costosi se posti a carico del singolo lavoratore individualmente che li ottiene sul libero mercato.
Il costo del lavoro è comprensivo della retribuzione lorda pagata dal datore e dei contributi pagati dalle imprese.
Il cuneo fiscale ci mostra inoltre la somma di tutte le imposte che gravano sul costo complessivo del lavoro - sostenuto quindi dal datore di lavoro o dal committente per ottenere le prestazioni del lavoratore dipendente, o del lavoratore autonomo - in rapporto al costo complessivo del lavoro offerto ovvero la differenza tra salario lordo e stipendio netto percepito dal lavoratore, in parole povere le trattenute fiscali.
Sottraendo quindi al costo complessivo del lavoro la somma delle imposte che determinano il cuneo fiscale, si ricava il reddito reale netto disponibile percepito dal lavoratore.
Può essere espresso anche come percentuale tra l'incidenza di tutte le imposte (dirette, indirette e contributi previdenziali) e il costo complessivo del lavoro.
Il cuneo fiscale sul lavoro del lavoratore autonomo in Italia è costituito da IRPEF, contributi previdenziali ed IVA, stessa cosa per quello del libero professionista.
Dopo questa doverosa introduzione possiamo finalmente affrontare l’argomento principale in maniera più dettagliata.
Di questi tempi molti imprenditori, per diversi motivi, si trovano a dover valutare se incrementare le proprie risorse attraverso l’assunzione di personale dipendente oppure attraverso altre forme di collaborazione con personale esterno.
Nel primo caso si può ricorrere non solo a contratti a tempo indeterminato, ma anche a forme a tempo determinato, con diversi vincoli e tempistiche.
Nel secondo caso, invece, esistono forme di collaborazione con contratti a progetto, co.co.co., collaborazioni occasionali oppure veri e propri contratti di consulenza con lavoratori autonomi in possesso di partita IVA.
Quest’oggi non ci soffermeremo su tutte quelle situazioni intermedie che vanno dal contratto di dipendente a tempo determinato al collaboratore a progetto, ecc., le quali potrebbero essere suscettibili di modifiche nella regolamentazione anche a breve termine.
Concentriamo tutta la nostra dose di attenzione sul rapporto di dipendente a tempo indeterminato e di consulente con partita IVA, analizzandone pregi e difetti, soprattutto dal punto di vista dei costi.
Ipotizziamo che la nostra organizzazione, azienda, start-up abbia subito (e menomale) un incremento di lavoro che può e deve essere colmato facendo ricorso ad una professionalità specifica e che richieda un certo impegno, continuativo, per un periodo determinato di tempo.
Sul futuro, di questi tempi, non v’è alcuna certezza, per cui molte realtà preferiscono crescere in modo “continuo e variabile(o flessibile)” utilizzando consulenti a cui possono richiedere giornate in più, ma anche in meno, piuttosto che con dipendenti in modo “discreto e fisso (o rigido)” tramite l’assunzione di nuovi impiegati, anche part-time.
In futuro probabilmente il sistema – al fine di favorire le assunzioni a tempo indeterminato – dovrà agevolare economicamente, ed in modo sempre più spinto, il rapporto di dipendenza rispetto alle altre forme di collaborazione senza vincoli. Ad oggi, è davvero conveniente rivolgersi a lavoratori autonomi?
Affidare un incarico operativo, ad esempio per la supervisione di un lavoro relativo ad una commessa o ad un progetto, ad un consulente o un libero professionista con partita IVA potrebbe essere un po’ una forzatura, sia perché questo tipo di rapporto non prevede vincoli di subordinazione rispetto al personale interno all’azienda, sia perché il ricorso – in determinati settori – a collaborazioni continuative per la quasi totalità delle giornate lavorative a disposizione, costituisce un rischio rispetto alla regolamentazione sul lavoro.
Considerato tutto ciò, conviene incaricare un consulente esterno di seguire una o più commesse o progetti anziché affidare il compito ad un dipendente ?
Supponiamo di prendere come esempio un dipendente con determinate competenze che costa, tutto compreso (Retribuzione Annua Lorda + Oneri Previdenziali e T.F.R.), circa € 50.000,00 che corrispondono ad una retribuzione netta di poco più di 24 mila euro annui (circa € 36.400,00 lordi). Si parla quindi di poco più di 2 mila euro al mese, escludendo 12esima e 13esima mensilità poiché non sono disponibili metodi di calcolo precisi al riguardo dipendendo il loro valore da alcuni parametri che variano dal settore aziendale, alle dimensioni dell’azienda, al livello contrattuale dell’impiegato, ecc., oltre che con le modifiche sulla legislazione a riguardo.
Considerando le festività variabili di anno in anno, quantificandole in circa 25 giorni di ferie e 6 giornate di malattia o infortunio (possibilmente evitabili) “a forfait”, restano circa 220 giornate lavorative effettive, supponiamo di 8 ore classiche. Nel nostro caso il dipendente ci verrà a costare € 227,27/giorno, € 28,41/ora.
A parità di professionalità quindi, quanto dobbiamo proporre al nostro consulente munito di partita IVA? Occorre prima fare alcune considerazioni che spesso vengono dimenticate, o peggio volontariamente ignorate, da molti imprenditori.
E’ opportuno distinguere il caso in cui il nostro consulente venga a lavorare all’interno della nostra organizzazione per tutto il tempo necessario a svolgere il lavoro per cui è stato incaricato, utilizzando quindi PC, stampanti/fotocopiatrici, telefoni ed altre risorse aziendali, dal caso opposto in cui, lo stesso consulente, svolge il proprio lavoro per la gran parte del tempo con suoi strumenti (notebook o desktop, telefono, ecc.) e si reca nei locali aziendali solo per riunioni e per presentare il proprio lavoro al referente.
Nel primo caso, infatti, dobbiamo considerare il costo – sconosciuto ai più – di una postazione di lavoro. Quest’ultimo varia significativamente da una realtà aziendale ad un’altra; se prendiamo ad esempio una società di informatica che sviluppa software o uno studio di ingegneria che progetta opere, oltre all’occupazione di una scrivania attrezzata ed un’utenza sul sistema informativo aziendale (che nel caso di alcuni software gestionali costituisce un costo aggiuntivo) ed un PC con software di base e relative licenze (sistema operativo, antivirus, ecc.) potremmo avere, nel primo scenario, un costo aggiuntivo relativo alle licenze per l’ambiente di sviluppo, nel secondo invece il costo delle licenze per software di disegno CAD e di calcolo strutturale. Stiamo parlando di cifre tutt’altro che irrilevanti.
Oltre a queste considerazioni occorre tenere bene a mente che un dipendente viene formato dall’azienda, non spenderà quindi tutto il tempo a disposizione sulla commessa o progetto cui facciamo riferimento: passerà del tempo nell’organizzazione interna (riunioni generali, assistenza a colleghi, archiviazione documenti, ecc.) ed auspicabilmente in attività formazione. Tutte mansioni che il nostro consulente che lavora esternamente, presso il proprio studio o abitazione, non caricherà sul lavoro oggetto del contratto, ma che comunque dovrà in qualche modo esperire, anche in forme o modalità diverse; in ogni caso non sarà esentato da formarsi adeguatamente e mantenersi aggiornato nelle discipline che gli competono. Egli avrà poi dei costi di struttura propri come manutenzione degli strumenti di lavoro, costi amministrativi e gestionali, ecc., e dovrà impiegare una parte del suo tempo a promuovere la sua attività. Tali costi sono assorbiti dalla struttura dell’organizzazione nel caso del lavoratore dipendente.
I costi giornalieri di un dipendente difficilmente sono tutti imputabili alle commesse lavorate, una piccola percentuale sarà imputata ad altre attività.
In sintesi non possiamo pensare di erogare al consulente la stessa cifra lorda con la quale remuneriamo il dipendente. È evidente che gli stessi 50.000,00 euro per un anno di lavoro, compresi gli oneri previdenziali (ipotizziamo il 4%) ed esclusa IVA (detratta da ambo le parti) potrebbero non essere sufficienti per un libero professionista internalizzato dall’azienda, figuriamoci per un esterno che lavora con mezzi propri. Gli stessi € 50.000,00 dati al consulente esterno diventano circa 27-28 mila euro netti in tasca al professionista/lavoratore autonomo.
Quei circa 3 mila euro in più rispetto al lavoratore dipendente non sono comunque sufficienti al consulente per remunerare adeguatamente il proprio lavoro e la propria professionalità.
Allora per un anno di lavoro continuativo, ovvero 220 giornate di lavoro effettive, potranno bastare – in determinate situazioni – solo € 250,00 al giorno, ovvero € 55.000,00 l’anno, dunque il 10% in più rispetto un dipendente.
È chiaro che sostituire un impiegato da circa 1.750,00 euro netti al mese su 14 mensilità (come inizialmente ipotizzato), che probabilmente , a queste cifre, non avrà un livello contrattuale molto alto in una società di servizi, con un consulente che svolge lo stesso lavoro internamente ad un costo di circa 55.000,00 euro l’anno non ha molto senso, anche in previsione dei possibili rischi che si corrono (potrebbe essere classificato come una “falsa partita IVA” dall’INPS).
Queste considerazioni sono comunque valide nel caso in cui il consulente debba essere impiegato per compiti di maggior responsabilità, compiti per i quali sia richiesta una professionalità superiore, una figura professionale di dipendente superiore e meglio remunerata, ecc.; ma soprattutto nel caso in cui il nostro consulente venga impiegato per un numero di giornate sensibilmente inferiori all’anno lavorativo intero o comunque per periodi superiori come estensione, ma con un impegno inferiore, ad esempio per 100 giornate all’anno per due anni consecutivi.
È evidente che aumentando la flessibilità del lavoro ed il rischio da parte del collaboratore esterno la remunerazione oraria (o giornaliera) aumenterà di conseguenza.
In certe situazioni e realtà aziendali (gli esempi di società di informatica e studio di ingegneria/architettura rimangono perfettamente pertinenti) gran parte delle ore impiegate dal personale sulla commessa sono svolte da personale esterno. In questo caso i costi delle risorse vanno attentamente calcolati perché le tariffe giornaliere sopra stimate per il personale interno non possono assolutamente essere confrontate con le tariffe dei consulenti esterni, questo perché il personale interno usufruirà delle risorse aziendali, mentre i consulenti esterni impiegheranno solo una piccola parte di quelle risorse. Dunque in un’ottica di full costing o costo pieno,alcuni costi fissi di struttura possono essere imputati in modo omogeneo sia ai costi del personale dipendente, sia a quelli dei consulenti esterni, invece altri costi “indiretti” non sono da imputare alle risorse esterne.
Facciamo un esempio pratico per capirci meglio.
Ipotizziamo di avere una commessa con € 30.000,00 di costi di personale dipendente e € 40.000,00 di costi di personale esterno o consulenti, per un totale di € 70.000,00 di risorse umane a cui aggiungiamo € 5.000,00 di spese (trasferta e varie), ottenendo quindi € 75.000,00 di costi diretti.
Avendo un coefficiente di spese generali sul totale dei costi aziendali pari al 20% (da aggiungere ai costi diretti), ma anche un 10% di costi legati all’infrastruttura informatica (computer, rete, software e relative licenze, canoni di assistenza e manutenzione hardware e software, personale interno dedicato all’amministrazione del sistema, ecc.) questi ultimi non vanno imputati alla quota di spese generata dai consulenti esterni, se questi lavorano con mezzi propri.
Dunque abbiamo: 20.000 x(1+0,30) + 30.000x(1+0,20) + 5.000 x(1+0,30) =68.500 euro.
Un ultimo aspetto da approfondire è quello relativo alle agevolazioni fiscali per chi assume personale femminile e/o giovane.
Con l'approvazione del Recovery Plan in Consiglio dei Ministri il Governo ha confermato di voler utilizzare parte delle risorse del programma REACT-EU assegnate all'Italia per finanziare gli sgravi per le assunzioni di giovani fino a 35 anni di età e donne previsti dalla legge di Bilancio 2021.
Per promuovere l'occupazione giovanile e femminile, la “Manovra 2021” ha messo in campo due incentivi in forma di esonero contributivo. Lo sgravio per le assunzioni di giovani e donne è riconosciuto in entrambi i casi al 100% e nelle regioni del Mezzogiorno è concesso per addirittura quattro anni.
All'esonero contributivo per le assunzioni di giovani e donne saranno destinati fondi di, rispettivamente, 340 milioni e 126 milioni, per un totale di 466 milioni di euro.
Il testo della legge di Bilancio pubblicato in Gazzetta ufficiale prevede un esonero contributivo del 100% per le nuove assunzioni di giovani che non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età effettuate nel biennio 2021-2022 e per la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.
La decontribuzione totale è prevista nel limite di 6.000 euro annui e per un periodo massimo di trentasei mesi, che sale a quarantotto mesi per i datori di lavoro privati che effettuino assunzioni in una sede o unità produttiva ubicata nelle regioni del Mezzogiorno, (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna).
L'esonero contributivo per le nuove assunzioni spetta ai datori di lavoro che non abbiano proceduto nei sei mesi precedenti, né procedano nei nove mesi successivi, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la medesima qualifica nella stessa unità produttiva.
Anche l’esonero contributivo per le assunzioni di lavoratrici donne è riconosciuto nella misura del 100% e nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui. L'agevolazione è prevista in via sperimentale nel biennio 2021-22 e dovrà essere autorizzata dalla Commissione europea.
Ricordatevi però che l’incentivo riguarda le assunzioni che comportino un incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori rilevato in ciascun mese ed il numero dei lavoratori mediamente occupati nei dodici mesi precedenti. I dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono ponderati in base al rapporto tra le ore pattuite e l’orario normale di lavoro dei lavoratori a tempo pieno.
Al sostegno all'occupazione femminile si affianca nella manovra un fondo per l'imprenditoria femminile per la concessione di contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati e altri incentivi alle imprese condotte da donne.
Vorremmo darvi qualche spunto di riflessione.
In fase di ricerca del personale vi capiterà di fare esperienze al limite del demenziale, non sapete quante volte capita che rispondano ad una inserzione di lavoro delle persone completamente fuori dal target prestabilito. Certamente il coraggio e l’intraprendenza sono caratteristiche importanti per una risorsa umana che si rispetti, tuttavia sono altresì importanti la preparazione e la competenza. Un piccolo suggerimento, forse banale ma non del tutto scontato: specificate bene il tipo di profilo che state ricercando, descrivetelo in maniera più dettagliata possibile e mettete bene in chiaro il tipo di esperienza pregressa richiesta. Probabilmente verrete contattati lo stesso da molte persone non idonee ma sicuramente riuscirete a trovare qualcuno che faccia al caso vostro.
Per ciò che riguarda Notarify, al momento, non ci sono dipendenti assunti veri e propri. Ci avvaliamo di collaboratori esterni perché in fase di start-up, e quindi con forti limiti di budget, è molto pericoloso sobbarcarsi un costo fisso (con spese in termini di tassazione molto elevati), la tua azienda potrebbe non essere in grado di mantenere l’impegno preso. D’altra parte in una fase di sviluppo aziendale successiva l’impiego di alcuni dipendenti fissi, costantemente presenti e quindi più coinvolti, aiuta in termini di coesione societaria.
Il mondo del lavoro però, sta sempre di più evolvendosi verso la consulenza/collaborazione esterna/libero professionismo a causa della sempre crescente richiesta di flessibilità da parte delle aziende. Il numero delle assunzioni è quindi destinato a calare di anno in anno.
In conclusione possiamo dire che non esiste una risposta secca alla domanda introduttiva. Abbiamo provato a fornirvi più elementi di valutazione possibile ma starà a voi, alle vostre capacità decisionali e al vostro spirito imprenditoriale compiere la scelta più adatta alle proprie esigenze e, soprattutto, a quelle dell'azienda.