BITCOIN CRIMINALE

ORIGINE DEL MITO
Che Bitcoin sia il naturale sbocco di affari loschi e un canale privilegiato del riciclaggio è un tema ricorrente. Ancora oggi la cryptovaluta porta lo stigma losco del malaffare, analizzando i numeri però vedremo come tutto ciò non sia poi così vicino alla realtà dei fatti.
Il 3 ottobre 2013 l'Fbi chiude il mercato della droga online Silk Road, sequestrando 3,6 milioni di dollari in bitcoin, il cui prezzo crolla da 139 a 109 dollari in meno di 3 ore. Così, nelle cronache del periodo, la criptovaluta diventa uno strumento a uso e consumo esclusivo della criminalità, la quale può pagare i suoi loschi traffici e lavare il denaro passando dal deep web. Il tema è quanto mai attuale nonostante Bitcoin non sia più l'oggetto misterioso di otto anni fa, e la nomea è purtroppo rimasta intatta.
Nella notte tra il 17 e il 18 aprile 2021 l'asset ha fatto registrare un crollo del 15% causato (si scoprirà nelle ore successive) da un blackout energetico in alcune farm di mining cinesi che ha avuto l'impatto di rallentare l'operatività. Qualcuno però attribuisce la perdita alla notizia, circolata da Bloomberg, secondo cui la titolare del Tesoro Usa Janet Yellen, economista di fama mondiale, ex capo della Fed e acerrima nemica di Bitcoin, sarebbe pronta ad aprire una indagine sul mercato Bitcoin in quanto naturale sbocco per affari loschi e, come affermato a più riprese, canale privilegiato del riciclaggio.
NEGANDO L’EVIDENZA
Tutto ciò parrebbe però smentito dai numeri. Non solo i reati finanziari commessi attraverso la criptovaluta riguardano appena lo 0,34% delle transazioni totali, ma questa esigua percentuale è addirittura in rapida decrescita. In nostro aiuto arrivano le affermazioni Ferdinando Ametrano, professore di Bitcoin e tecnologia Blockchain all'Università Milano-Bicocca e AD di CheckSig, uno dei massimi esperti di cryptovalute a livello europeo nonché nostro ex-vicino (per noi del team di Notarify) di ufficio all’interno dell’acceleratore di start-up Le Village (Credit Agricole) di Milano.
“Le transazioni illecite ed i criminali su Bitcoin tendono a essere scoperti perché le indagini sulla blockchain, per sua natura trasparente, sono più facili”.
Ametrano liquida ciò che è stato detto dalla Yellen come “affermazioni che contraddicono le evidenze. I dati dicono esattamente l'opposto di quanto suggerisce Yellen: non che non ci siano attività di riciclaggio tramite bitcoin, ma i reati finanziari si compiono molto più di frequente con la finanza tradizionale”. Insomma la Yellen – così come l'attuale presidente della Fed Jerome Powell che usa toni simili – sembra assecondare un pregiudizio.
“L'impressione è che i regolatori rispondano con un riflesso pavloviano, tradendo l'auspicio di relegare bitcoin tra i fenomeni folcloristici o criminali. Come se ancora non fosse chiaro, invece, che la rivoluzione bitcoin rischia di travolgere il sistema.
Se vogliamo fare un'analisi obiettiva, dovremmo segnalare che la grande trasparenza della blockchain lascia tracce indelebili di ogni transazione. Pertanto tutto resta indagabile nel tempo, quindi è qualcosa che non si presta di per sé al riciclaggio” conclude Ametrano.
In effetti, a guadare i numeri, sembra proprio che le preoccupazioni di Yellen e soci siano eccessivamente esagerate.
Chainalysis, la principale società di forensica blockchain al mondo, utilizzata da tutte le forze dell'ordine e dall'industria per prevenire e/o indagare sulle transazioni criminali, scrive nel suo rapporto annuale che “nel 2019 l'attività illecita ha rappresentato il 2,1% del volume complessivo delle transazioni di criptovaluta o circa 21,4 miliardi di dollari.
Nel 2020, la quota illecita di tutte le attività di criptovaluta è scesa a solo lo 0,34%, o 10 miliardi di dollari in volume. Uno dei motivi per cui la percentuale di attività illecite è diminuita è perché l'attività economica complessiva è quasi triplicata tra il 2019 e il 2020”.
La stessa Chainalysis ci fornisce un’altra ottima notizia, la quale casca a fagiolo nel contesto di questo video: “la criminalità legata alla criptovaluta sta diminuendo; rimane una piccola parte dell'economia complessiva delle criptovalute ed è relativamente inferiore alla quantità di fondi illeciti coinvolti nella finanza tradizionale”.
L'utilizzo di bitcoin nell'ambito del riciclaggio appare quindi trascurabile, e non è finita qui: in occasione del “National risk assessment of money laundering 2020” il governo inglese, ha inquadrato i cryptoasset nel rischio medio, mentre l'intero sistema bancario tradizionale rappresenta un rischio alto.
PAURA DEL PROGRESSO
Un ulteriore documento sgombra poi il campo da ogni allarmismo residuo e lo firma niente meno che Michael Morrell, ex direttore della Cia, il quale conferma che l'uso illecito di bitcoin è solo minimo e anche perlopiù in decrescita, dichiarando che “è più facile tracciare le attività illecite transnazionali usando Bitcoin che provando a seguire il danaro che transita dalle banche tradizionali, e straordinariamente più semplice rispetto alle transazioni in contanti”.
Che si tratti quindi di preoccupazioni legate ai consumi o al crimine, quando si tratta di Bitcoin esse vengono sempre strumentalmente gonfiate. Ma perché?
La risposta, o almeno un tentativo, ce la da lo stesso Morrell:“Bitcoin è una nuova tecnologia ed è complicata per comprendere: le persone in genere hanno paura di ciò che non capiscono. Bitcoin e la sua natura decentralizzata rappresentano una minaccia dirompente per le istituzioni finanziarie tradizionali.
Lo stesso si sarebbe potuto dire per le firme elettroniche 20 anni fa: che hanno suscitato grande interesse e acceso un dibattito significativo sulla tutela dei consumatori e l'integrità del sistema finanziario”. Finché queste ultime non sono state inglobate nel sistema finanziario stesso, migliorandolo.
LE ANALISI DEGLI ESPERTI
Alcuni rapporti molto documentati come quello redatto da Elliptic, società che si occupa della valutazione dei rischi delle criptovalute, e dal “Center on Sanction and Illicit Financing”, programma della Foundation for Defense of Democracies (Fdd), evidenziano come la quantità di operazioni illecite commesse mediante bitcoin sarebbe pari all’1% di tutte le transazioni. C’è anche chi ritiene che il bitcoin non solo non favoriscano il riciclaggio ma addirittura lo contrastino grazie alla tracciabilità maggiore delle transazioni su blockchain.
Gaspare Jucan Sicignano, ricercatore in diritto penale presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, sostiene questa tesi nel suo libro “Bitcoin e riciclaggio” (Edizioni Giappichelli),
“Ho cercato di approfondire il rapporto tra bitcoin e riciclaggio, anche dibattendo circa la possibilità di applicare alla moneta virtuale l’attuale normativa antiriciclaggio.
Si tratta sicuramente di un tema molto complesso e che meriterebbe ancora ulteriori approfondimenti, ma credo che il riciclaggio non rappresenti un problema dei bitcoin. Tutte le transazioni in bitcoin sono registrate in un database pubblico, la blockchain. Si tratta di un registro distribuito, liberamente accessibile. Chiunque può controllare chi ha ceduto un determinato bitcoin a Tizio o a Caio, e chiunque può scoprire anche il report storico di ogni transazione.
- continua Sicignano - Per i bitcoin, l’adagio di Giovanni Falcone “Segui il denaro e troverai la mafia” sarebbe applicabile in pieno, laddove ce ne fosse bisogno. È possibile controllare, infatti, senza particolari sforzi, quale portafoglio possiede un determinato bitcoin, e quale strada ha percorso una determinata valuta per arrivare in determinata destinazione”.
Se all’inizio della loro avventura digitale i bitcoin ci hanno sorpreso ponendosi come l’alternativa anonima al denaro, col tempo e l’evolversi degli strumenti tecnologici in mano a chi opera nell’anti-riciclaggio, la situazione è cambiata fino al ribaltarsi. Oggi tracciare il percorso di uno (o migliaia) bitcoin è possibile.
Mentre tutte le transazioni sono pubbliche l’indirizzo a cui è collegato un determinato portafoglio dei bitcoin è anonimo. Il sistema non esclude però che l’utente anonimo possa essere comunque identificato in altro modo. Mediante tecniche di digital forensics, infatti, è possibile risalire a coloro che si celano dietro un determinato indirizzo.
LA TRACCIABILITA’
Quindi i bitcoin possono davvero contrastare il riciclaggio di denaro? Sì, sempre secondo Sicignano: “Una volta identificato l’utente anonimo, la piattaforma bitcoin si rileva uno strumento incredibilmente trasparente, visto che è in grado di fornire indicazioni precise su tutte le attività di un determinato soggetto”.
Sono diversi gli studi che, in controtendenza, propongono una nuova immagine dei bitcoin. Recentemente uno studio realizzato da Agipronews in collaborazione con il Politecnico di Milano ha dimostrato che utilizzare i bitcoin per scopi illeciti è perfino più rischioso che usare denaro elettronico o trasferimenti bancari.
Si è evidenziato, in particolare, che il bitcoin è una delle monete più tracciabili che esistano e che ogni transazione, lecita o illecita, rimane visibile a costo zero e per sempre.
Questa inedita trasparenza che oggi si attribuisce ai bitcoin potrebbe avere un effetto positivo su tutte le criptovalute, incentivandone l’uso.
Sicignano ipotizza quindi l’avvicinamento ad un nuovo sistema economico in cui è messo in forte crisi il monopolio della moneta legale. “Pensiamo a Libra, la nuova moneta a cui sta lavorando da tempo Facebook per incentivare il commercio online, o ai progetti messi in campo da Amazon e Telegram, che pure stanno lavorando a una moneta virtuale spendibile sui loro portali.
Se Amazon dovesse adottare una moneta virtuale, in grado di favorire le transazioni, sfido chiunque a contrastarla. Il futuro secondo me è questo. Ci stiamo avvicinando verso una società in cui ogni cittadino potrà effettuare i propri acquisti, scegliendo la moneta virtuale che più gli piace, senza essere costretto necessariamente a ricorrere alla moneta legale”.
Concludendo possiamo dire che, pur non negando l’utilizzo di Bitcoin anche per il favoreggiamento di attività illecite, abbiamo potuto constatare quanto esso sia solo una minima parte delle transazioni scritte sul registro distribuito sulla blockchain.
Come in qualsiasi altro ambito della vita esistono le brave persone, quelle che agiscono secondo i principi del buonsenso, ed i malandrini, ed il sistema Bitcoin è troppo grande per non contenere questi ultimi. Grazie al cielo si tratta di una minoranza sempre più sparuta.