COME CREARE UNA STARTUP?

Oggi parliamo, in maniera molto veloce ed introduttiva ma allo stesso tempo approfondita al punto giusto, di tutto ciò di cui abbiamo bisogno di tenere in considerazione per creare la nostra startup. Per spiegarvi come avviare la vostra start-up mi sembra doveroso partire dal principio, ovvero dalla definizione.
La startup è la forma d’impresa pensata proprio per realizzare business innovativi e con alto potenziale di crescita. Essa beneficia di molteplici agevolazioni, concepite per favorire ed incentivare la nascita di nuove imprese. I settori di attività possono essere i più disparati: l’importante e che la tua idea sia innovativa e possa essere sviluppata imprenditorialmente o commercialmente.
La costituzione e regolamentazione della startup sono facilitate rispetto alla costituzione di una normale società, purché si rispettino i requisiti che ora andremo ad analizzare. Ci sono infatti precise caratteristiche da rispettare. Questi limiti servono ad impedire che imprese che non hanno i requisiti necessari possano beneficiare indebitamente dei vantaggi stabiliti per le startup.
Scopriamo quindi come creare una startup ed utilizzare al meglio questo strumento che offre notevoli agevolazioni per lo sviluppo della propria attività in forma di impresa. La sua prerogativa infatti è proprio quella di facilitare la delicata fase di lancio dell’attività economica: proprio perché questo tipo di impresa è innovativa e si muove al di fuori degli schemi consolidati, deve essere incentivata ed anche protetta nei primi anni di vita per poter crescere e arrivare a produrre utili.
STARTUP: DI COSA SI TRATTA E QUALI ATTIVITA’ PUO’ SVOLGERE?
To “start up” è un verbo inglese che significa avviare. Applicato alle imprese economiche indica un’attività che nasce, inizia e prende il via. Che poi la startup cresca e decolli è un altro discorso e dipende da molti fattori, ma intanto il primo passo è partire col piede giusto, creando le condizioni favorevoli dal punto di vista economico e, ovviamente, conoscendo ed applicando le regole stabilite dalla legge.
La start up è una nuova impresa, ma deve essere innovativa anche nel tipo di attività che esercita, quindi non tradizionale: se apri un bar o un ristorante non puoi parlare di start up. Al di fuori di questo limite, le attività possono essere le più disparate ed anzi questa forma d’impresa serve proprio a favorire il lancio di tutti quei progetti che si muovono al di fuori degli schemi consolidati, delle piste ormai battute e dei mercati già maturi.
I settori economici dove nascono il maggior numero di start up sono quelli dell’informatica e delle telecomunicazioni (pensiamo alle app per collegare persone, inviare offerte e scambiare messaggi, o alla nostra piattaforma Notarify), dei servizi di tutti i generi (ad esempio la condivisione innovativa di prodotti attraverso lo sharing di auto, case, vestiti, giocattoli, ma anche di parcheggi, pranzi o attività di dog-sitter e addirittura di plant sitter, cioè innaffiare le piante quando il proprietario è in ferie) e della finanza (cryptovalute, altro nostro cavallo di battaglia, monete elettroniche, pagamenti on-line e mediante smartphone, ecc.), ma anche in agricoltura ed allevamento è possibile realizzare progetti altamente innovativi.
QUALI REQUISITI OCCORRONO?
La startup deve rispettare determinati requisiti fissati dalla legge per poter essere considerata impresa innovativa ed accedere così al particolare regime previsto.
L’impresa deve innanzitutto essere innovativa relativamente al prodotto o al servizio che rappresenta l’oggetto della sua attività. Infatti l’oggetto sociale, esclusivo o comunque prevalente, deve consistere nello sviluppo, produzione e commercializzazione di servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
L’innovazione può riguardare quindi non solo il bene fornito, ma anche il metodo di produzione o di commercializzazione. Si possono cioè creare strade nuove per diffondere in modo originale prodotti o servizi tradizionali, come i generi alimentari.
Questa definizione di attività innovativa, prevista dalla legge, è però alquanto vaga; per questo sono stati introdotti alcuni requisiti, più formali ma anche più precisi:
- essere costituita da non più di 60 mesi: quindi non deve avere più di cinque anni;
- essere residente fiscalmente in Italia o anche in uno degli Stati membri dell’Unione Europea purché vi sia una sede produttiva o una filiale in Italia; quindi la sede effettiva deve trovarsi nel nostro Paese;
- fatturare meno di 5 milioni di euro (si considera il valore totale della produzione annua, come risultante dal bilancio approvato);
- non distribuire (e non aver mai distribuito in passato) utili: questo significa che tutto quello che si guadagna deve essere reinvestito in azienda;
- non essere stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda: deve essere “nuova” anche da questo punto di vista, non può mai essere una derivazione di una precedente azienda.
I cinque requisiti indicati (oltre a quello dell’innovatività del prodotto o servizio, che, ripetiamo, è la caratteristica fondamentale) devono essere tutti presenti e infatti sono detti cumulativi: se ne manca anche uno solo non può crearsi la startup.
Non finisce qui, perché la legge prevede altri tre requisiti, dei quali però, è sufficiente averne solo uno, non necessariamente tutti:
- le spese in ricerca e sviluppo devono essere almeno pari al 15% del fatturato annuo (tolte le spese per l’acquisto o per la locazione dei beni immobili dove l’attività è svolta);
- almeno i 2/3 della forza lavoro devono avere una laurea magistrale (in qualsiasi materia, dall’archeologia all’ingegneria informatica) oppure almeno 1/3 della forza lavoro deve essere in possesso di dottorato di ricerca o dottorando in corso o laureato e ricercatore da almeno tre anni;
- essere titolare di almeno un brevetto relativo a un’invenzione industriale, biotecnologica o di prodotto o di nuova varietà vegetale, oppure essere titolare di diritti per programmi di elaborazione (registrati nell’apposito registro pubblico del software), purché questi brevetti o diritti riguardino l’oggetto sociale e l’attività dell’impresa.
Esistono poi dei requisiti economici, non giuridici, ma che sono altrettanto importanti se non addirittura i più importanti: senza rispettarli si corre il rischio di avere una startup formalmente costituita ma che in realtà sarebbe una scatola vuota e destinata a rimanere improduttiva e fallire.
I requisiti economici richiedono di valutare bene la sostenibilità della tua idea e del progetto imprenditoriale per realizzarla. E’ indispensabile che essi siano validi e abbiano prospettive di sviluppo sul mercato. Non dimenticare mai che la startup è un’impresa e come tale deve essere valutabile economicamente, arrivando (prima o poi, spesso più poi che prima) a produrre utili. Del resto tutti gli incentivi stabiliti in favore delle startup servono proprio a creare le condizioni favorevoli affinché l’impresa neonata sopravviva alle inevitabili iniziali avversità e riesca, anche se in un lungo periodo, a crescere e svilupparsi; insomma, il seme deve essere buono.
Per fare queste valutazioni l’elemento essenziale è il business plan: bisogna pianificare in modo certo i costi di sviluppo del prodotto o del servizio e stimare i prevedibili ricavi, analizzando le possibilità di vendita e i modi di penetrazione nel mercato di riferimento.
Per esempio, se crei una startup per affittare case vacanze, facilitando l’incontro tra la domanda dei villeggianti e l’offerta dei proprietari, dovrai considerare i luoghi in cui operi, come pubblicizzare il tuo servizio, quanto costa sviluppare, diffondere e gestire il programma o l’app e quanto pensi di ricavare (in percentuale delle commissioni sugli affari conclusi oppure come costo per acquistare l’abbonamento per l’accesso al servizio). Tenete inoltre in considerazione che sul mercato ci sono già colossi come Airbnb, Booking.com e magari molte agenzie tradizionali sul territorio; forse ci sono altre start up che hanno sviluppato un’idea simile ma sono partite prima di te, quindi hanno un vantaggio che dovrai preoccuparti di colmare.
Anche se tu avessi sviluppato il software più bello e veloce del mondo, dovrai pensare a come convincere i futuri utilizzatori e clienti a utilizzare il tuo prodotto: quali vantaggi aggiuntivi gli offri per convincerli a preferire te anziché servirsi dei canali consueti? Rispondere a queste domande è essenziale per evitare di intraprendere progetti persi in partenza.
LA COSTITUZIONE
Dopo aver esaminato i requisiti di identità perché un’impresa possa essere qualificata come startup e le condizioni economiche necessarie per pianificare il viaggio nel mondo imprenditoriale, occupiamoci ora di come costituirla, esaminando quali adempimenti occorrono.
La startup deve avere la forma di società di capitali: dunque potrà essere una spa (società per azioni) oppure una srl (società a responsabilità limitata) ma anche una società cooperativa.
La srl sarà la forma prescelta da chi inizialmente dispone di pochi capitali ed inoltre preferisce adottare uno statuto più flessibile.
Per crescere – se l’idea è vincente e risulterà appetibile – ci sarà tempo e sarà possibile in seguito trasformare la forma sociale quando arriveranno nuovi capitali attirati dalle prospettive di sviluppo del progetto che nel frattempo si sarà realizzato. Tieni presente che il cammino è duro: le statistiche dicono che oltre il 90% delle start-up chiude entro i primi cinque anni di vita. Solo poche ce la fanno a crescere, ma tra quelle poche ci potrebbero essere le Amazon o Google del futuro. Del resto esse stesse alla loro nascita erano delle vere e proprie start up, in un’epoca in cui questa definizione non era ancora nata.
La costituzione della startup può avvenire in due modi:
- redigendo l’atto costitutivo e lo statuto da un notaio. E’ il metodo tradizionale ed offre la possibilità di realizzare un modello specifico e un regime sociale adatto alla natura dell’attività che si intende esercitare.
- creandola direttamente on line, utilizzando il servizio messo a disposizione dalle camere di commercio.
LA PROCEDURA ONLINE
Questa seconda strada offre il beneficio di costi minori (si risparmia sul notaio) ma richiede di adattarsi ad un modello di statuto standard, cioè tipizzato e non flessibile in base a particolari esigenze come quello che si può realizzare attraverso il notaio.
Inoltre le informazioni richieste sono molto analitiche e particolareggiate, soprattutto per lo statuto (ad esempio: il trasferimento delle quote di partecipazione, le modalità per esercitare il recesso di un socio o per escluderlo, le modalità con cui verranno assunte le decisioni assembleari e quale maggioranza occorre, il regime di amministrazione, la periodicità delle assemblee, come è disciplinato lo scioglimento della società, ecc): in molti casi occorrerà quindi l’aiuto di un professionista qualificato ed esperto nella creazione di questo tipo di società.
Il programma prevede comunque una modalità di compilazione “assistita” dalla camera di commercio, utile per i neo-imprenditori, mentre se ci si ritiene già esperti (il disclaimer dice: “se hai elevate competenze normative”) si può procedere in piena autonomia.
La procedura realizzata da Infocamere per creare la start up on line è interamente automatizzata. La procedura guidata ti aiuterà a inserire tutte le informazioni necessarie. Dovrai anche disporre di una valida casella di posta elettronica certificata (PEC) e di un sito internet. La domanda è gratuita, perché tra i vantaggi della start up c’è anche l’esenzione dal pagamento del contributo camerale, dei diritti di segreteria e dell’imposta di bollo. L’atto costitutivo sarà sottoscritto con firma digitale: quindi se ci sono più soci fondatori ciascuno di essi sottoscriverà autonomamente l’atto, senza necessità di incontrarsi fisicamente.
IL REGISTRO PER LE IMPRESE, SEZIONE STARTUP
La start up innovativa deve infine iscriversi alla sezione speciale del registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio. Questa è una condizione indispensabile per poter fruire di tutti i vantaggi previsti. Creando la start up on line l’ultimo passaggio che ti verrà indicato dalla procedura guidata sarà proprio questo.
Consultando questo speciale registro potrai scoprire la storia e la fisionomia delle centinaia di start up già costituite e presenti. Potrai così renderti conto di come è composto attualmente il variegato mondo delle start up e comprendere i meccanismi concreti della loro vita e funzionamento. Questo registro infatti è stato volutamente reso pubblico in modo da realizzare la dovuta trasparenza e consentire anche alle imprese di rendere note le loro caratteristiche in modo da attirare interesse ed eventuali investimenti di capitali.
COME FINANZIARLA?
- Bootstrapping (o autofinanziamento): fare bootstrapping significa quindi finanziare la startup con i propri risparmi. Questa è la prima forza di finanziamento, la “più semplice” e quella che, almeno in fase iniziale, ti costringe ad essere oculato mantenendo il focus sull’obiettivo;
- Love capital: family, friends and fools (3F): Il ricorso a zie particolarmente facoltose, ad amici pronti ad aiutarti nel momento del bisogno, oppure a persone particolarmente avvezze al rischio è un metodo di finanziamento per una startup con i suoi vantaggi. Sia che si tratti di family, di friends o di fools il consiglio è quello di prendere accordi chiari e in forma scritta.
- Incubatori: gli incubatori normalmente non finanziano direttamente le startup ma le supportano nel “plasmare” il proprio modello di business affinché lo stesso diventi replicabile e scalabile. Normalmente sono sovvenzionati pubblicamente o da parte di università e lavorano principalmente sull’idea, cercando di costruire e definire il modello di business della startup
- Acceleratori: gli acceleratori, contrariamente agli incubatori, investono direttamente nelle startup partecipando al capitale con una quota che si aggira normalmente tra il 5% e il 15%. Partecipare ad un programma di accelerazione potrebbe essere la via per ottenere supporto finanziario e tecnico, in particolare in fase seed della tua startup. La loro durata è limitata (normalmente dai tre ai sei mesi), nei quali le startup ricevono finanziamenti, supporto e network (con l’obiettivo di accelerare il processo di maturazione della startup).
- Business Angel: gli Angel investor, o business angel, sono persone che dispongono di un capitale da investire in progetti di startup che ritengono interessanti. Con loro potrebbe arrivare il primo, vero, finanziamento esterno per la tua startup.
- Finanziamenti bancari e/o pubblici: quando si parla di finanziamenti non si può non pensare alle banche. Questo affermazione è quasi sempre vera, un po’ meno per le startup. Ottenere finanziamenti da una banca (anche con bilancio consolidati e qualche anno di attività sulle spalle) non è una cosa semplice. Vale la pena citare il mondo delle banche associandolo per lo più alla possibilità di ottenere prestiti personali, utili in seed o early stage, ma in realtà benzina utile per il motore in qualsiasi fase. Oltre alla difficoltà di ricorrere a questa linea di credito per una startup bisogna anche tenere conto dei tassi di interesse (guardiamolo questo TAEG) e alle garanzie richieste dalla banca stessa (che spesso fanno rima con ipoteche, fidejussioni e garanzie di terzi). Discorso un po’ diverso è per i finanziamenti pubblici, spesso erogati a tassi agevolati o con contributi a fondo perduto. In questo caso bisogna far attenzione alla burocrazia, che soprattutto in Italia soffoca spesso anche le migliori iniziative.
- Premi e competizioni: per finanziare la tua startup puoi anche partecipare alle competition. Un ottimo modo per “testare” il valore della propria idea e crearsi un network (quale migliore occasione per farsi notare da Business Angels, potenziali mentor o da possibili collaboratori?). Il buon piazzamento o la vittoria ad una competition permette inoltre, spesso, di foraggiare di capitale la propria startup.
- Bandi: enti governativi (Unione Europea, Stato, Regioni), fondazioni e aziende pubblicano spesso bandi per startup che forniscono contributi a fondo perduto o a tasso agevolato.
- Crowdfunding: il crowdfunding non è altro che il finanziamento collettivo della tua startup. Una sorta di fundraising dove un gruppo di persone investe il proprio denaro per sostenere il tuo sforzo imprenditoriale. È un buon metodo di finanziamento sia nella fase seed che nella growth. Inoltre ti permette di far conoscere il tuo prodotto/servizio (acquisendo clienti e visibilità).
Venture Capital e Corporate Venture Capital: Ecco i primi veri “steroidi” della crescita. I Venture capitalist investono ingenti somme in progetti ad alto rischio, sono solitamente società finanziarie specializzate nell’investimento in capitale di rischio. Il ricorso al Venture garantisce network estesi (spesso internazionali), conoscenze e (ovviamente) soldi. Sia i Venture Capitalist che i business Angel colmano, spesso, lacune operative riscontrabili nelle startup (mancanza di un network, mancanza di esperienza di business, mancanza di un supporto fiscale e legale). Questo, unito alle competenze verticali degli startupper, crea un substrato ottimo per la crescita della startup. Ma allora quali sono gli aspetti negativi? Uno in particolare: maggiore è l’iniezione di denaro e di competenze maggiore è la perdita di controllo sulla tua startup. Senza grandi giri di parole rischiate di non essere più i padroni dell’azienda che avete creato.