GUIDA ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE

Ecco una raccolta sintetica di consigli pratici che possono risultare di grande aiuto in caso si decidesse di avviare un’attività di internazionalizzazione per la propria impresa.
ATTENZIONE! Questa non è una guida esaustiva su come iniziare a vendere sui mercati esteri ma più una lista degli eventuali errori da evitare se si decide di esportare il proprio brand oltre confini nel 2021. Rimarrete sorpresi da quante volte un business non prenda piede sui mercati a causa di un approccio non adatto al mercato sul quale si è deciso di operare.
DIGITALIZZARE CON CRITERIO
Innanzitutto partiamo dalla base e nel 2021 la base è rappresentata dalla digitalizzazione. È importante utilizzare gli strumenti digitali a propria disposizione come leva per aumentare brand e product awareness all’estero.
Il numero di tool e piattaforme a disposizione delle start-up, PMI, aziende già consolidate che vogliano internazionalizzarsi è altissimo, questi strumenti consentono di creare o aumentare la propria visibilità su un mercato estero specifico, in tempi molto ridotti rispetto al passato e con budget molto più accessibili. Essendo però talmente numerosi è fondamentale definire strategicamente gli obiettivi macro ed identificare su quale fase del funnel di acquisto occorre concentrarsi per creare valore: è molto importante definire il più accuratamente possibile le user personas ed analizzare la customer journey dell’utilizzatore finale.
Un’analisi corretta della customer journey ci aiuterà a capire in quali fasi del funnel occorre investire a livello di comunicazione evitando di concentrare tutti gli sforzi nella creazione di una sola brand awareness generica.
Per ciò che riguarda il customer journey generalmente si analizzano le seguenti caratteristiche:
- Awareness
- Understanding
- Consideration
- Trust
- Purchase
- Belief
- Affinity
- Loyalty
- Advocacy
All’ingresso su un nuovo mercato estero si punta in primis sulla creazione di awareness, ovvero la notorietà del marchio, ma bisogna sempre ricordarsi di pianificare per tempo gli strumenti ed i contenuti utili a supportare le fasi successive per accompagnare e guidare il target lungo il processo di acquisto. È in questa fase che poniamo le basi del nostro nuovo posizionamento sul mercato, non lasciare sia il caso a decidere il percorso che l’utilizzatore seguirà dopo essere venuto in contatto con il vostro brand per la prima volta.
La corretta definizione delle prime fasi di analisi degli obiettivi ed un approccio strategico corretto faranno risparmiare molte risorse economiche. In tale ottica presta molta attenzione perché il mercato è ricco di agenzie digital che basano il successo delle campagne di comunicazione pubblicitaria sulla richiesta di budget pubblicitari mostruosi (e, scusate il gioco di parole, fuori budget), strategia basata sui volumi e su di una scarsa, o addirittura nulla, conoscenza del prodotto.
Più la tua strategia sarà chiara e definita, meno budget servirà per raggiungere qualcuno in target all’interno di un mercato estero.
Come in molti altri casi anche per l’internazionalizzazione delle PMI esistono contributi a fondo perduto e finanziamenti. Informarti presso il tuo commercialista sul come richiederli.
ASCOLTARE IL/COMUNICARE COL CLIENTE
Molte delle aziende che hanno volontà di internazionalizzare, hanno una storia lunga e consolidata sul mercato nazionale e quindi hanno già acquisito una conoscenza capillare dei processi legati al mercato interno. I modelli di comunicazione e di relazione di alcuni mercati esteri necessitano però di un approccio molto differente. Esistono differenti aspetti comportamentali, psicologici, sociali e culturali relativi a determinati prodotti o servizi che vanno considerati e soprattutto analizzati attentamente a nelle fasi iniziali della ricerca.
Spesso e volentieri i piani di internazionalizzazione, anche quelli apparentemente più ambiziosi, falliscono non a causa delle qualità o performance dei prodotti ma delle difficoltà relazionali e di comunicazione con il target o gli interlocutori intermedi.
Il consiglio è quello di ascoltare ed imparare il più velocemente possibile come relazionarvi a seconda del mercato, vi differenzierete così dalle numerose realtà che tentano di imporre il proprio punto di vista.
PENSARE IN MANIERA SEMPLICE
La cultura nazionale, soprattutto nel business, è una cultura basata su molti concetti che diamo per scontati, tutto ciò è da ascrivere alla relativa complessità del nostro modo di ragionare, di vendere e di proporci.
I mercati esteri, come detto in precedenza, hanno una visione estremamente differente dalla nostra, ed un errore che spesso si commette in fase di internazionalizzazione è il dare per scontato che un cliente estero possa rendersi conto del valore, della qualità e delle funzionalità di un prodotto senza che questi siano chiaramente evidenziati. Tutto ciò potrebbe essere ovvio ed implicito per noi che conosciamo il prodotto ed il paese d’origine, ma non lo è per i nostri potenziali clienti al di fuori dei confini nazionali.
Ad esempio, molta della comunicazione che parte dai mercati nazionali in direzione di quelli anglosassoni non considera minimamente la reazione che potrebbe scaturire da un altro modo di pensare e risulta complessa e di difficile comprensione. Questo problema si può porre sia in modalità di relazione ordinaria che a cliente acquisito (informazioni tecniche, risoluzione di problemi e customer care).
Cercate di essere diretti e di spiegare il prodotto, o i servizi offerti, con parole chiare ed intuitive, schematizzando al massimo senza dare nulla per scontato.
È fondamentale che il team che si occupa dello sviluppo del prodotto sul mercato estero si organizzai per lavorare in un modo diverso dal consueto, partendo dalle basi nella costruzione del messaggio e spiegare punto per punto tutti i valori insiti nel prodotto.
SCEGLIERE UN GRUPPO DI LAVORO DEDICATO
Uno dei maggiori competitor di un’impresa che intende svilupparsi all’estero è, sembra incredibile, proprio l’impresa stessa. L’avversione al nuovo o al cambiamento delle risorse esistenti rischia di compromettere la vostra internazionalizzazione sin dalle prime fasi.
Un’azienda che fattura principalmente (se non solo) sul mercato nazionale da anni, composta da persone abituate a lavorare sul mercato italiano con routine e processi specifici consolidati si troverà a dover superare il primo ostacolo proprio al suo interno. L’uomo è per sua propria natura avverso o resistente al nuovo, al cambiamento.
E’ fondamentale che in azienda venga identificato un responsabile o un intero gruppo di lavoro con spiccate propensioni al nuovo ed al cambiamento. Queste persone, dotate di poteri decisionali e autonomia nelle scelte, saranno quindi in grado di occuparsi della riorganizzazione in maniera rapida ed efficace .
Facciamo un piccolo esempio per calarci meglio nelle dinamiche dell’azienda. Una realtà rivolta esclusivamente verso il mercato interno riceve una richiesta (ordine, supporto tecnico, consulenza etc ect) da un mercato estero: questo tipo di richiesta fuori dagli schemi definiti spesso provoca l’interruzione del lavoro di routine sul mercato locale. Per evadere la domanda è dunque importante la presenza di un gruppo di lavoro dedicato all’internazionalizzazione e che il leader di tale manipolo abbia spiccate doti di flessibilità e predisposizione al cambiamento, come detto prima.
La persona in questione deve però saper gestire l’intero processo in modo chiaro e veloce per evitare di perdere ordine, cliente o la credibilità dell’azienda all’interno del mercato a cui ci si affaccia e per il quale si sta cercando di consolidare la propria posizione.
È doveroso ricordare, ancora una volta, che l’esperienza acquisita sul proprio mercato interno è una solida base ed un punto di partenza, ma è solo l’inizio di un cammino che apporterà molte variazioni a livello di processi e di risorse umane, quando si sviluppa un nuovo mercato non è possibile ragionare come si è portati a fare su quello che già viene gestito.
RIPOSIZIONARSI
Il posizionamento che l’azienda ha sul mercato interno potrebbe non corrispondere al suo reale valore o a quello dei suoi prodotti/servizi in sul mercato straniero, quindi non perderti d’animo e non porti limiti.
Se l’obiettivo del tuo processo di internazionalizzazione fosse quello di crescere a livello di market share, non sentirti sconfitto già in partenza.
Stesso discorso vale per l’azienda che vuole posizionarsi, a livello di percezione del prodotto o con una linea di prodotti specifica, in una fascia di mercato più bassa dove sia possibile realizzare volumi più alti. Internazionalizzare la propria azienda su un mercato estero, nuovo, ci da la possibilità di decidere il posizionamento che si vuole raggiungere e di conseguenza le strategie di marketing e commerciale per ottenerlo.
Un’azienda che sul proprio mercato interno non occupa una posizione di rilievo per il suo settore, e che vuole comprendere il perché ed eventualmente cambiare la propria posizione, dovrebbe analizzare attentamente i seguenti fattori che spesso e volentieri sono le cause principali di situazioni del genere:
-la storia
-la tipologia di mentalità reiterata nel tempo
-la non adeguatezza rete di vendita/distributiva.
Oggigiorno, grazie anche ai tool digitali di cui disponiamo, entrare in nuovo mercato estero con gli strumenti e le persone giuste può ribaltare equilibri decennali nel giro di pochi mesi.
Praticamente l’azienda, anche se già consolidata sul mercato casalingo, dovrà “ragionare da start-up” quando si approccia a quello straniero.
IL FEEDBACK: PIU’ VICINO ALL’UTENTE, MEGLIO E’
Per entrare in un mercato estero dalla porta principale è meglio strutturare la propria strategia sull’attento ascolto dell’utente finale a cui il tuo prodotto/servizio è destinato, e non sulla base delle informazioni già in possesso. Mi raccomando è importante concentrarsi sull’ utente finale, lo ribadisco, non distributori e nemmeno agenti esistenti.
Basti pensare che nella stragrande maggioranza dei casi la tipica PMI basa la distribuzione all’estero su network più o meno articolati composti da agenti – importatori e/o distributori multimarca, questi interlocutori però, nonostante il loro apporto alla causa sia tanto prezioso quanto innegabile, sono i primi ad aver inquadrato (mentalmente parlando) il vostro prodotto ad uno specifico livello ancora prima che lo facesse il mercato. La loro percezione personale del prodotto è limitata, difficilmente mutabile e molto spesso non corrisponde a quella che è la reale potenzialità del vostro marchio sul mercato.
In un processo di internazionalizzazione ben fatto, il posizionamento in un nuovo mercato va definito mediante un’analisi esplorativa. Presta ascolto ed attenzione a chi effettivamente utilizzerà il prodotto e non solo a chi ha il compito di distribuirlo – commercializzarlo.
Viaggiare fisicamente verso il paese nel quale si intende espandere il proprio mercato è sempre consigliato. Ne beneficerà così l’analisi che seguirà, molto più mirata. Studiare il mercato e cercare di capire in che modo e in quale misura l’utente finale può essere interessato a ciò che gli viene proposto è sicuramente più facile se in loco. Se l’intenzione fosse invece quella di crescere su un mercato parzialmente presidiato da anni, e all’interno del quale le nostre performance non sono allineate con le aspettative, il consiglio è di mantenere si i clienti esistenti ma aggiungendone di nuovi. Servirà quindi focalizzarsi sul cercare di integrare la rete di vendita con risorse nuove che avranno la giusta energia e motivazione. Seguendo questi passi che solo all’apparenza sembrano semplici consentirà alla tua azienda ed al tuo prodotto di posizionarsi sul mercato nella maniera corretta.
ESPORTARE PRODOTTO ED IDEE
Nei processi di internazionalizzazione succede non di rado che un prodotto, sulla carta apparentemente di grande successo, non riesca ad entrare in un determinato mercato.
Le barriere che bloccano l’accesso possono essere di tipo operativo e/o psicologico, possono essere legate ai distributori oppure agli utilizzatori. Altre barriere che bloccano l’internazionalizzazione della nostra impresa possono configurarsi sotto l’aspetto tecnico come dazi d’ingresso al paese, divergenze normative, certificazioni obbligatorie nel paese di destinazione difficili da reperire nel nostro, e molto, molto altro ancora: differenze tra settore a settore e tra nazione a nazione.
Approfondiamo però il discorso sulle barriere iniziali che per molti versi sono anche strategiche.
Come detto in precedenza, una prima fase di ascolto dell’utilizzatore finale e degli altri stakeholder (distributori, agenti, importatori etc.) non può essere omessa; con essa possiamo raccogliere informazioni per capire quali barriere si hanno di fronte e come superarle.
Esempio concreto riguarda l’aspetto tecnico: la vendita di un prodotto particolarmente complesso necessita di fornire certezze all’acquirente, il quale avrà probabilmente la necessità di avere un supporto tecnico locale adeguato e disponibile in ogni momento.
Soffermandoci brevemente sull’aspetto psicologico, e rimandando a quanto detto in precedenza, un ostacolo può essere invece costituito dall’utilizzatore/utente finale che non riesce a comprendere il prodotto perché non gli viene proposto o spiegato nella maniera corretta.
Da qui si apre quindi la fase “educational”, importantissima, atta a supportare il prodotto nelle varie fasi del “customer journey” e del processo di vendita oltre confine. Molte aziende creano delle proprie Academy per accelerare il processo di conoscenza, diventando anche un punto di riferimento a livello tecnico.
Anche le piccole e medie imprese possono, anzi dovrebbero, creare un network di supporto locale. La realizzazione di strutture di formazione tecnica, anche in paesi estremamente distanti attraverso la partnership con enti locali e/o distributori, a patto che si tratti però di interlocutori particolarmente dinamici.
LOGISTICA E PACKAGING
La customizzazione di packaging e prodotto orientata il più possibile verso il gusto generale della nazione specifica nella quale viene proposto è d’obbligo. Potrebbe sembrare un’affermazione banale ma non avete idea di quanti prodotti si trovano ancora in giro con etichetta solo nella lingua d’origine ma vengono vendute all’estero.
Fortunatamente la legge ci viene in aiuto perché per moltissimi prodotti è imposta la creazione di comunicazione in lingua locale.
Oggi come oggi il mercato è estremamente competitivo, saturo di informazioni e ancor più di prodotti. Risulta molto difficile piazzarsi in un mercato straniero senza possedere gli strumenti di marketing adeguati, a maggior ragione se non si parla la lingua del cliente. Esistono infinite possibilità per risolvere il problema nella pratica: ad esempio applicare delle etichette sopra i packaging esistenti o creare dei video tutorial semplici e diretti in inglese o semplicemente doppiati nella lingua locale. Ricorda però che, nonostante la globalizzazione, ancora oggi nel 2021 in molti paesi solo una piccola parte della popolazione è in grado di comprendere l’inglese correttamente, quindi potendo scegliere è preferibile riuscire a comunicare nella lingua locale.
Per accelerare la fase di awareness e di understanding del prodotto il consiglio che mi sento di darvi è dunque quello di creare dei supporti e di customizzare il più possibile nella lingua del posto, in questo modo il prodotto viene compreso velocemente rimuovendo la barriera tra l’azienda e il consumatore.
Altra criticità da considerare nel processo di internazionalizzazione è legata al trasporto del prodotto differente per modalità, tempi e costi rispetto a ciò che avviene all’interno della propria nazione. Per questo motivo il packaging deve essere tarato in base alla destinazione (tipologia di destinazione e lunghezza del tragitto).
È compito del responsabile della logistica valutare attentamente quali accorgimenti apportare al packaging (singolo o pallet) per evitare danni al prodotto, così come il trasportatore ideale che garantisca una protezione adeguata. Un danneggiamento fortuito può incidere pesantemente in maniera negativa sia sul rapporto con il cliente che sui costi di gestione della pratica.
Menzione particolare per l’e-commerce che negli ultimi 10 anni ha notevolmente incrementato il numero delle spedizioni singole di prodotti di piccole o medie dimensioni.
Un’accurata analisi interna aiuta ad identificare quali tra questi prodotti siano i più soggetti a vendite che comportano dei percorsi molto lunghi ed articolati, e quindi più a rischio danneggiamento del prodotto. Quest’attività ci aiuta a trovare il modo di migliorarne la performance e la resistenza degli imballi.
SPEAK ENGLISH, PLEASE
In molte nazioni la conoscenza fluente dell’inglese è, come già affermato in precedenza all’interno del nostro appuntamento di oggi, una nota dolente. Un sistema di istruzione che non ne promuove l’insegnamento è solitamente tra le cause principali di questa carenza.
Chi è nato a partire dagli anni ‘90 ha compreso l’importanza dell’apprendimento dell’inglese e, grazie alle riforme scolastiche apportate in tutti i paesi negli ultimi 20 anni (soprattutto in Unione Europea), sono già formati ancora prima dell’inserimento nel mondo del lavoro. Se si vuole lavorare sui mercati anglosassoni è, inutile dirlo, importante avere un livello di comprensione e produzione in inglese notevole.
Per una piccola media impresa che non ha una filiale locale o degli agenti che parlano inglese come lingua madre, l’interazione quotidiana o settimanale con i distributori è fondamentale, alla quale si aggiunge oggi una crescente necessità ed opportunità di relazionarsi con gli utenti finali.
Una delle cause principali che comportano un rallentamento o il mancato posizionamento di un brand sul mercato specifico è proprio il fatto che molte delle risorse umane (con ogni probabilità nate prima del 1990) non conoscono l’inglese in maniera adeguata o comunque soddisfacente per instaurare una relazione proficua di un certo livello con il cliente.
E quindi? Studiare! Studiare l’inglese e non rimandare, procrastinare questo investimento rimanderà inevitabilmente anche la crescita internazionale della vostra azienda.
Come per i processi di internazionalizzazione, anche per la formazione aziendale in inglese esistono vari contributi a fondo perduto che possono essere sfruttati opportunamente.
CONSULENZA ED ESPERIENZA
Durante il processo di internazionalizzazione ci si può rivolgere, anzi in alcuni casi è consigliato, ad un consulente che possa affiancare la tua azienda. Sarebbe opportuno però selezionare un consulente che abbia maturato esperienza all’interno di realtà con dinamiche distributive livelli di fatturato simili ai vostri.
Non è necessaria esperienza nel settore specifico in cui ci troviamo ad operare. Al contrario potrebbe essere più utile una figura che porti una visione completamente diversa da quella che già abbiamo. Una scelta di questo tipo può fare la differenza soprattutto in mercati saturi e consolidati.
Un requisito che definirei obbligatorio per il consulente è quello di aver già lavorato, ovviamente, per l’apertura di nuovi mercati esteri.
Gestire un mercato esistente è molto diverso dall’aprirne uno nuovo o dall’introdurre un nuovo prodotto in un mercato complesso. L’ideale sarebbe che i consulenti abbiano avuto esperienza diretta sul campo nella creazione di nuovi mercati esteri e soprattutto con risultati concreti e misurabili.